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Ora anche Cipro è appesa al filo tedesco

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- In un dibattito tenutosi ieri mattina presso il Parlamento europeo di Strasburgo, nel quale era in discussione l’esito del semestre di presidenza di turno cipriota dell’UE, il capo di Stato Dmitri Christofias è tornato a denunciare le politiche di austerity che starebbero soffocando l’economia degli Stati dell’Europa meridionale, Cipro compresa. L’allarme sullo stato di salute finanziaria del piccolo isolotto nel Mediterraneo è scattato il 25 giugno scorso, quando Nicosia ha formalmente lanciato una richiesta di aiuto all’Eurogruppo. Il salvagente, inizialmente quantificato in poco meno di due miliardi e finalizzato alla ricapitalizzazione del secondo istituto di credito del paese, Popular Bank, è andato via via assumendo dimensioni sempre maggiori. L’emergenza si è estesa poi ad altri istituti e con il passare del tempo il conto è lievitato, così si leggeva a dicembre, a ben 10-11 miliardi di euro.

Nel descrivere la crisi finanziaria in atto a Nicosia (al proposito si veda C. Stephanou, The Banking System in Cyprus: Time to Rethink the Business Model?), i media europei fanno riferimento alla forte esposizione del settore bancario sui bond greci ed in particolare al fatto che l’haircut del 2011 sui titoli di stato ellenici avrebbe provocato enormi buchi di bilancio negli istituti di credito della piccola Repubblica. Insomma, il problema starebbe soltanto nella decisione scellerata della signora Merkel (convinta sul punto dai liberali dell’FDP) di coinvolgere i creditori nella ristrutturazione del debito greco. In realtà, ciò pare essere più un effetto che la causa dei mali ciprioti. Cosa c’è infatti dietro questa esposizione?

Se andiamo a leggere la bozza di Memorandum of Understanding (MoU), preparato dalla cd. Troika come base del programma di aggiustamento che Cipro dovrà attuare quale condizione per poter ottenere gli aiuti, le cose stanno in maniera leggermente diversa:Many of the problems for the sector are home-grown and relate to overexpansion in the property market as consequence of banks’ poor risk management practices“. In altre parole, non molto diversamente dal caso spagnolo e irlandese, il boom del credito bancario, alimentato da un tasso di interesse troppo basso, ha catalizzato massicci investimenti, in grande maggioranza provenienti dalla Russia, nel settore immobiliare e poi l’esplosione di una bolla.

Fatto sta che ora il settore bancario cipriota (i cui asset totali sono quasi il 900% del modesto PIL dell’isola) necessitano di una ricapitalizzazione. Il rating del debito è già stato derubricato a spazzatura, mentre i titoli di Stato ciprioti non vengono più accettati come collaterale dalla BCE. Dopo il fallimento dei negoziati con Russia e Cina, Cipro ha scelto di ottenere aiuto finanziario dall’UE, benché ciò comporti di fatto una riduzione della sua sovranità fiscale e politica. L’erogazione degli aiuti farà catapultare il rapporto debito/PIL dell’isola al 120% del PIL, soglia oltrepassata la quale il default si suole considerare pressoché certo.

Ecco perché la Commissione europea chiede che sia presto data attuazione alle misure di aggiustamento individuate nel MoU, tra cui l’introduzione di una imposta sugli immobili e la creazione di un corrispondente catasto a partire dal 2014 (§ 3.10 p. 21 e sgg.). Dal momento che ciò avrà effetti fortemente negativi sull’andamento dei prezzi degli immobili, si pensa di controbilanciare questa misura con un taglio all’imposta di registro fino al 2016.

A ciò vanno aggiunti provvedimenti per contenere i costi dell’inefficiente pubblica amministrazione (§ 2.2 e sgg. p. 9 MoU), ridurre benefit e privilegi del ceto politico (§ 2.15 p. 11 MoU), tagliare le pensioni ed alzare l’età pensionabile (§ 2.16, p. 12 MoU), aumentare l’IVA dal 17 al 18% e dall’8 al 9% l’aliquota agevolata, innalzare le tasse su alcolici, carburanti e lotterie (§ 2.22 e sgg, p.13) e via discorrendo in un tripudio di misure che sembrano essere ideate con lo stampino. Ad oggi il Parlamento ha già deliberato in maniera bipartisan su una serie limitata di interventi, che non comprendono tuttavia la privatizzazione dei porti, delle telecomunicazioni e dell’energia. L’esecutivo cipriota insiste comunque per avere il denaro immediatamente dal fondo di stabilizzazione in modo da dirottarlo alle sue banche, mantenute finora artificialmente in vita con il ricorso all’ELA, l’Emergency Liquidity Assistance, che consente alla banca centrale nazionale di erogare prestiti alle banche commerciali.

Un punto del Memorandum risulta tuttavia particolarmente ostico per i ciprioti, quello in materia di riciclaggio (§ 3.9 p. 21), la cui attuazione è di cruciale rilevanza anche per i tedeschi, i quali, in un anno elettorale, non possono permettersi un’insurrezione generale in patria con l’accusa di aver salvato un isolotto, che ha prosperato in buona parte per le attività di riciclaggio di denaro di decine di milionari russi. Sia l’opposizione, sia ampie frange della maggioranza chiedono alla Commissione europea che Cipro prenda il solenne impegno di adeguarsi alla più recente normativa europea in materia di riciclaggio. In caso contrario non vi sarebbero i numeri necessari al Bundestag per approvare il versamento della prima tranche di aiuti.

Così almeno ha lasciato intendere qualche giorno fa il candidato socialdemocratico alla Cancelleria Peer Steinbrück, dopo aver avuto un colloquio con il vicepresidente della Commissione europea, Olli Rehn. Il ragionamento è condiviso anche nelle file dei liberali dell’FDP i quali, questa volta piuttosto compatti, negano di essere pronti a votare il pacchetto a favore di Cipro. Secondo alcune stime fornite dai servizi segreti tedeschi (BND), investitori di nazionalità russa avrebbero infatti depositato nelle banche dell’isola più di 20 miliardi di euro. Salvare le banche cipriote avrebbe un’innegabile esternalità positiva anche per loro, che tuttavia, nella maggior parte dei casi, si dice facciano affari non troppo puliti, attratti sì da una tassazione corporate bassissima (10%), ma anche e soprattutto dalle regole molto lasche in materia di riciclaggio.

Accuse respinte al mittente dalle colonne del settimanale Der Spiegel dal Ministro delle Finanze dell’isola, Vasos Shiarly, per il quale il Paese sarebbe curiosamente in regola già dal 2004, anno dell’adesione all’UE. Questo benché il MoU faccia espresso riferimento alla direttiva n.16/2011. Alcuni deputati della maggioranza cristiano-liberale a Berlino chiedono comunque che si segua il suggerimento del FMI, ripreso anche dall’istituto di ricerca economica IW di Colonia, in base al quale anche per Cipro bisognerebbe pensare alla svelta ad un haircut. Ancora ieri la Commissione negava però che la proposta fosse anche solo sul tavolo delle trattative.

Insomma, la classe politica tedesca prende tempo – non vi sarà alcun trattamento speciale per Cipro, ha detto la Cancelliera – tanto che è sin d’ora ipotizzabile che, alla prossima riunione dell’Eurogruppo, in programma il 21 gennaio, non si raggiunga alcun accordo. Pare che i tedeschi vogliano infatti attendere le elezioni presidenziali cipriote del 17 e 24 febbraio prossimi. Solo allora gli aiuti potranno fluire a Nicosia. Bundestag permettendo, naturalmente.


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